Riders: la Cassazione conferma il diritto alle stesse tutele previste per i lavoratori subordinati

Riders: la Cassazione conferma il diritto alle stesse tutele previste per i lavoratori subordinati

Riders: la Cassazione conferma il diritto alle stesse tutele previste per i lavoratori subordinati

Newsletter n. 3, 29 gennaio 2020

Riders: la Cassazione conferma il diritto alle stesse tutele previste per i lavoratori subordinati

Con la sentenza n. 1663/2020 la Cassazione ha esteso ai riders le tutele dettate per il lavoro subordinato in quanto titolari di rapporti di collaborazione organizzata dal committente, e perciò destinatari della disciplina protettiva di cui all’art. 2, c. 1, D. lgs. n. 81/2015.

Già la sentenza della Corte d’Appello di Torino aveva accolto le richieste dei riders, applicando ad essi la disciplina protettiva dettata in materia di collaborazioni etero-organizzate, delineando una sorta di tertium genus tra autonomia e subordinazione al quale applicare alcune tutele dettate dal legislatore per il lavoro subordinato e compatibili con la sua struttura.

La Cassazione conferma il risultato raggiunto dalla Corte torinese ma ne modifica la motivazione, negando la configurabilità di una fattispecie intermedia tra autonomia e subordinazione, in base all’assunto per cui l’art. 2, c. 1, D. lgs. n. 81/2015, ha statuito espressamente l’applicazione dell’intera disciplina dettata dal legislatore in materia di lavoro subordinato anche alle collaborazioni etero-organizzate dal committente. Nella disposizione normativa citata, dunque, il legislatore, a detta della Suprema Corte, ha stabilito che, quando l’eterorganizzazione, accompagnata da personalità e continuità della prestazione, è talmente marcata da rendere il collaboratore comparabile ad un lavoratore subordinato, si impone una protezione equivalente e, quindi, l’applicazione integrale della disciplina dettata in materia di subordinazione.

Conseguentemente alle statuizioni contenute nella sentenza in esame, la prestazione resa dai riders mediante piattaforma digitale, anche nel caso in cui non ne venga accertata la subordinazione, rientra nell’alveo protettivo dettato per il lavoro subordinato in virtù della presenza di un vincolo di etero-organizzazione talmente pregnante da giustificare una disciplina analoga. In realtà, già il decreto legge n. 101/2019, intervenuto nelle more del procedimento, aveva optato per tale soluzione, tanto che l’effetto della sentenza in esame si limita ad estendere tale disciplina anche ai rapporti di lavoro antecedenti alla data di entrata in vigore del citato decreto legge. La sentenza si pone, quindi, in linea con il quadro normativo definito di recente dal nostro legislatore, e diretto a riconoscere, nei rapporti di lavoro organizzati mediante piattaforme digitali, la presenza di quella condizione di debolezza socio-economica che rende il ciclofattorino meritevole di tutela al pari del tradizionale lavoratore subordinato, anche se formalmente qualificato come autonomo dalle piattaforme stesse.

Tuttavia, l’automatica estensione ai riders della disciplina protettiva tipicamente dettata per il solo lavoratore subordinato, condizionata all’esistenza di un vincolo di eterorganizzazione, non è esente da conseguenze rilevanti in quanto si limita a spostare i termini della questione su un diverso piano, non considerando il fatto che una tale modalità di resa della prestazione mediante l’ausilio di piattaforme digitali mal si concilia col concetto di eterorganizzazione tradizionalmente inteso, e che ormai dimostra tutta la sua portata limitante in contesti lavorativi altamente digitalizzati e privi di una incisiva determinazione dei tempi e dei luoghi di lavoro da parte del committente stesso.

Altro effetto derivante dall’assoggettamento del lavoro dei riders alla disciplina dettata in materia di subordinazione si dispiega sul piano retributivo, vista la necessità di garantire agli stessi un compenso parametrato alll’unità di tempo e non inferiore ai minimi tabellari previsti dai contratti collettivi nazionali. Secondo le norme dettate in materia di subordinazione, dunque, la retribuzione a cottimo non può costituire l’esclusiva forma di retribuzione prevista per il lavoratore subordinato, tanto che tale previsione mal si concilia con il modello di organizzazione del lavoro dei ciclo-fattorini, per definizione incentrato sul numero di consegne effettuate.

A tali inevitabili ostacoli è auspicabile ponga rimedio la contrattazione collettiva, chiamata da sempre ad adattare le disposizioni normative a particolari categorie di lavoratori, e sembra proprio questa la strada seguita dal nostro legislatore nelle disposizioni contenute nel decreto legge n. 101/2019, dirette a concedere ampi spazi alle relazioni sindacali, chiamate ancora una volta a risolvere questioni lasciate irrisolte da legislatore e giurisprudenza.