I giusti paletti dell’Unione sul distacco dei lavoratori possono contraddire i trattati

I giusti paletti dell’Unione sul distacco dei lavoratori possono contraddire i trattati

I giusti paletti dell’Unione sul distacco dei lavoratori possono contraddire i trattati

I giusti paletti dell’Unione sul distacco dei lavoratori possono contraddire i trattati

Lo scorso 23 ottobre, il Consiglio dell’Unione Europea ha raggiunto un accordo in merito al c.d. “pilastro europeo dei diritti sociali” che potrebbe avere un impatto dirompente non solo nei rapporti tra gli Stati Membri, ma, ancor più tangibilmente, sul mercato del lavoro europeo.

La proposta stabilisce ben 20 principi e diritti fondamentali per sostenere il buon funzionamento, l’equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale all’interno dell’Unione con l’obiettivo di avviare un nuovo processo di convergenza verso migliori condizioni di vita e di lavoro per tutti i cittadini. Tra gli interventi di maggior rilievo si può indubbiamente annoverare la proposta di modifica dell’attuale normativa in tema di distacchi intraeuropei e libertà di movimento.

A tal proposito, deve sottolinearsi come l’intesa raggiunta costituisca un compromesso scaturito da una decisa contrapposizione tra le posizioni dai Paesi membri di più recente ingresso nell’UE, fermi nel difendere la totale libertà di movimento (anche e soprattutto per legittimare l’evidente dumping dagli stessi perpetrato), e i membri storici dell’UE che, nell’intento di proteggere le proprie economie da tali pratiche di dumping, cercano di far leva sul principio della necessità di garanti- re parità di diritti e di condizioni di lavoro ai lavoratori impiegati all’interno dell’Unione.

In attesa dell’approvazione definitiva del Parlamento Europeo, ci sembra doveroso effettuare una prima analisi della proposta licenziata dal Consiglio. Dal punto di vista normativo, la proposta di modifica andrà a sostituire una disciplina ormai in vigore da oltre venti anni (la Direttiva 1996/71/EC), per cercare di scongiurare che, attraverso i distacchi intraeuropei, vengano aggirate le normative di protezione sociale di ciascun Paese membro e si concretizzi il c.d. “dumping sociale”. Il testo approvato dai “Ventotto” prevede che al lavoratore distaccato non sia più semplicemente dovuto il salario minimo garantito applicato dal Paese ospitante, ma che la definizione di salario debba necessariamente ricomprendere anche le indennità e i bonus previsti dalla legislazione del paese dove avviene il distacco.

La nuova disciplina interviene, altresì, sulla durata del distacco intraeuropeo prevedendo che esso non possa eccedere i 12 mesi (prorogabili per altri 6). Inoltre viene specificato che qualora l’impresa distaccataria sostituisca il lavoratore distaccato con un ulteriore lavoratore distaccato che svolga i medesimi compiti e le medesime mansioni del pre- cedente, tali due distacchi dovranno essere valutati cumulativamente ai fini del raggiungimento del tetto massimo di durata del distacco. Il testo licenziato dal Consiglio prevede, tuttavia, che la nuova normativa non trovi applicazione al settore dei trasporti; settore che dovrà prima essere riformato.

Per concludere, l’accordo raggiunto in Lussemburgo focalizza finalmente l’attenzione delle istituzioni europee sulla complessa tematica delle disparità di diritti sociali all’interno dei Paesi membri, rendendo possibile una nuova stagione di riforme comunitarie.
Rimane, tuttavia, da domandarsi se gli interventi in tema di distacco dei lavoratori, soprattutto con riferimento alla parte in cui prevedono una durata massima al distacco, non scalfiscano il caposaldo del libero movimento della forza lavoro all’interno del mercato unico, così come criticamente suggerito dal direttore generale di Business Europe, la principale federazione dell’industria a livello europeo.
A riguardo, è prevedibile attendersi una futura pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in merito alla compatibilità della citata disciplina sui distacchi intra- europei con i trattati istitutivi dell’Unione e le relative quattro libertà fondamentali.